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Immagine del redattorePsicologa Maria Orefice

👩🏻‍⚕️ OMOFOBIA COME RICONOSCERLA E CONTRASTARLA 👩🏻‍⚕️


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Non è raro leggere notizie di cronaca che hanno come protagonisti persone LGBT, vittime di violenza. I giornali quasi quotidianamente ci raccontano episodi in cui è evidente un fenomeno sociale che alimenta il pregiudizio verso omosessuali, bisessuali, transessuali: l’omofobia.


E’ recente la notizia di una ragazza uccisa dal fratello, perché fidanzata con un ragazzo trans.

Ciò che di questa efferata vicenda ha colpito di più, è stata l’attenzione rivolta dai media non tanto alla violenza ed all’incomprensibilità di questo fratricidio, bensì alla natura della relazione esistente tra la vittima e quello che, a tutti gli effetti, era il suo fidanzato.


Ricerche recenti, dimostrano che l’omofobia non è un atteggiamento innato ma un pregiudizio culturalmente acquisito.


In una cultura omofoba, ancor prima di sapere che cos’è l’omosessualità, ereditiamo, senza accorgercene, la convinzione che essere gay, bisessuale o transessuale sia qualcosa di “sbagliato”, “strano”, “innaturale” e contrario alle norme del vivere comune.


Non è raro che crescere in clima intinto di omofobia interiorizzata porti la persona LGBT ad avere paura dei propri pensieri e sentimenti, nella convinzione di essere “malato/a”, “sbagliato/a”, al punto da spingerla a contrastare o a mascherare completamente la propria identità, trasformando la difformità in deformità.


Tuttavia come è possibile che ancora oggi, possano verificarsi episodi di così brutale violenza, ai danni di un membro della comunità LGBT o di chi li sostiene, senza che nessuno alzi un dito per condannare in maniera esemplare certe azioni?!


In questi casi, potrebbe sembrare che difendere una vittima LGBT (o afferente) potrebbe significare correre il “rischio” di essere considerati appartenenti a quella stessa categoria.


Per secoli si è pensato all’omosessualità come ad una malattia da curare, una devianza da correggere, riparare. Finalmente, il 17 maggio 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, definendola come una variante naturale del comportamento umano.

Oggigiorno ciò che è oggetto di studio clinico e sociologico, non sono le “cause” dell’omosessualità ma, piuttosto, i meccanismi che portano una persona a provare ostilità, paura, rabbia e/o disgusto verso l’omosessualità.

Il livello di omofobia, bifobia e transfobia interiorizzata di un individuo, possono dipendere da fattori sociali come per esempio l’ambiente socioculturale in cui la persona vive, o il contesto scolastico che frequenta, oltre che dal clima familiare in cui è cresciuto, ed alle proprie caratteristiche di personalità.


Essere nati in un posto, piuttosto che in un altro, non può essere ritenuta una colpa. Tuttavia, lo può diventare se quando ci si rende conto di essere cresciuto in un ambiente negativo, non si fa nulla per potervisi allontanare e migliorare.


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